Nel corso della sua intervista al New York Times Leclerc ha affrontato anche altri argomenti.
La lunga chiacchierata offerta al New York Times ha permesso a Charles Leclerc di spaziare tra vari argomenti, concentrandosi anche sulle motivazioni e le imprese che lo hanno portato ad essere “Il Predestinato”. Nel 2019, a seguito delle due vittorie consecutive tra Belgio e Monza, il classe ’97 è stato ribattezzato in questo modo, un soprannome che non crea problemi allo stesso Leclerc, anzi gli da la giusta motivazione per riportare a casa quel titolo che in Ferrari manca da troppo tempo.
Queste le sue parole a tal proposito: “Mi piace che la gente mi chiami così, ma non è che mi sveglio la mattina e dico: ‘Ah, sono il Predestinato’. Non ho quel tipo di pressione. A volte è bello sentirselo dire, ma non è un qualcosa che aggiunge pressione o mi fa sentire in modo diverso. Che mi si chiami così o no, il mio dovere e il mio obiettivo sono gli stessi, ovvero riportare la Ferrari al vertice e farò di tutto per riuscirci”.
La motivazione più grande è quella di avere l’opportunità di riportare il titolo a Maranello dopo ben vent’anni, un’impresa che per ora appare molto difficile: “Quello che voglio davvero è non avere rimpianti. Voglio guardarmi indietro ed essere sicuro di aver fatto assolutamente tutto per provare a raggiungere questo obiettivo. Se ci riuscirò o meno questo non lo so, perché non posso controllare tutto. Ma so che almeno, per le cose che ho sotto controllo, cercherò di dare tutto. Mi piacerebbe vincere di più, ma ci stiamo lavorando. La motivazione è ancora altissima”.