Dai patron-piloti ai boss ingegneri: analizziamo il cambio di guardia dei team principal in Formula 1
La Formula 1 sta vivendo una trasformazione silenziosa al vertice. Nel 2026, più di metà dei team principal in Formula 1 avrà un background da ingegnere. Questo rappresenta un cambio di paradigma rispetto al passato, quando il box era guidato da ex piloti-proprietari o manager puri.
Budget cap e regolamenti sempre più complessi hanno spostato il potere verso chi conosce numeri, CFD e normative tecniche. Quando la prossima stagione prenderà il via, ben 6 team principal su 11 saranno ex ingegneri di pista, strateghi o direttori tecnici promossi al comando delle squadre.
In McLaren, Andrea Stella ha un passato da ingegnere della performance in Ferrari e McLaren. Il nuovo team principal della Red Bull, Laurent Mekies, ha iniziato la sua carriera in Formula 1 come ingegnere di gara in Minardi. L’uomo che lo ha rimpiazzato in Racing Bulls, Alan Permane, ha iniziato la sua carriera come ingegnere a fine anni Novanta a Enstone, al tempo sede della Benetton, re-brandizzata poi in Renault, Lotus e Alpine.
Come dimenticare, poi, Adrian Newey, il più grande progettista di tutti i tempi, la mente e la mano dietro alle vittorie di Williams, McLaren e Red Bull: la notizia della settimana riguarda la sua nomina a team principal Aston Martin.
James Vowles, a capo della recente crescita della Williams, è stato capo della strategia prima in Brawn GP poi in Mercedes. Il successore di Guenther Steiner in Haas, Ayao Komatsu, ha una storia da ingegnere in giro per il paddock, tra BAR Honda, Renault e Haas.
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Nonostante la crescita di questo trend da ormai tre stagioni, fino al 2024 i campionati costruttori del recente passato erano stati vinti da squadre capeggiate da un manager: Jean Todt e Stefano Domenicali in Ferrari, Christian Horner in Red Bull e Toto Wolff in Mercedes. Fatta eccezione per la favola Brawn GP nel 2009, guidata dall’ex ingegnere Ferrari Ross Brawn.
Questo nuovo modello ha indubbiamente dei vantaggi: decisioni più informate, filiera tecnica corta, migliore dialogo con FIA e progettisti, soprattutto alla luce del cambio regolamentare del 2026.
Ci sono, però, anche dei rischi: meno spazio alla gestione politica e umana della scuderia e più responsabilità concentrate in un’unica figura. Non dimentichiamoci, ad esempio, dell’era Binotto in Ferrari. Grandissimo ingegnere motorista all’epoca dietro ai successi di Schumacher e Raikkonen, i suoi anni come team principal possono invece essere visti come un fallimento. Il mancato titolo del 2022, a causa di errori strategici e di gestione, ha esposto le sue lacune manageriali rispetto al suo predecessore Arrivabene che, seppur senza titoli iridati a sua volta, ha guidato il Cavallino con più personalità.
In questo senso, alcune squadre si sono già mosse per organizzare la leadership in un binomio CEO/Team Principal, proprio con l’obiettivo di bilanciare tecnica, politica e business.
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L’esempio più lampante e di maggior successo è la McLaren, fresca vincitrice degli ultimi due campionati costruttori, che vede Andrea Stella come team principal e Zak Brown come CEO equamente (e singolarmente, se si pensa alle altre squadre in griglia) impegnati nella gestione quotidiana della scuderia. Questo accoppiamento punta a sfruttare la competenza tecnica di Stella sul campo, delegando la gestione manageriale (spesso sovraccarica) a una figura distinta ma allineata.
Foto: Formula 1