F1

Chi era Ayrton Senna? Gli ultimi attimi di vita del brasiliano a Imola

di Nicola Lamberti

30 anni fa ci lasciava uno dei più grandi di sempre a casa nostra, Imola. Ma chi era Ayrton Senna per davvero, dietro il casco e la tuta?

“Se una persona non ha sogni, non ha più alcuna ragione di vivere. Sognare è necessario, anche se nel sogno va intravista la realtà. Per me è uno dei principi della vita.”

L’1 maggio 1994 se ne andava una leggenda del nostro sport, un uomo vecchio stampo, gentile e generoso. La morte del giorno prima di Roland Ratzenberger era stata vista come un errore di un pilota di una scuderia inesperta ed era passata quasi come inosservata nel mondo della Formula 1. Ayrton in quegli istanti era pietrificato al suo box a vedere i replay dell’incidente. Senna era diverso dal mondo cinico della F1.

Ayrton Senna pensieroso, ancora nelle vesti McLaren
Ayrton Senna pensieroso, ancora nelle vesti McLaren

In quel sabato pomeriggio aveva incontrato un grande amico nel paddock, Sid Watkins. “Ayrton, non correre domani. Hai vinto tre mondiali, sei il miglior pilota del mondo, non hai bisogno di rischiare ancora. Andiamo a pescare“. Ma Senna non poteva, Senna doveva correre.

Nel warm up di quel maledetto GP di Imola 1994 aveva mandato un insolito saluto al suo acerrimo rivale (ritiratosi proprio a fine ’93), Prost. “Mi manchi Alain!”.
La sera prima Ayrton si era fatto procurare una bandiera austriaca (nazionalità di Raztenberger) dal suo manager, Julian Jakobi. “Voglio rendere omaggio a Roland. Domani vincerò la gara se Dio vuole“.

Imola 1994: una gara mai terminata

Quella gara Ayrton non la vincerà e anzi, non la terminerà. Erano le 14:17 a Imola: Senna era leader della corsa, proprio come desiderava. Arrivò l’iconica curva del Tamburello, molte volte ritenuta troppo pericolosa. Giro 7, l’ultimo della sua gara. Della sua carriera. Della sua vita.

Per giorni non si parlò d’altro. Il 1 maggio 1994, alle 18, Ayrton Senna viene dichiarato morto. Nel mondo della Formula 1 il suo vuoto non poteva essere colmato: l vuoto di un pilota ruvido, egoista e aggressivo in pista che era capace di spingere la macchina al limite. Il vuoto di un amico di tutte le persone presenti nel paddock, a partire dai piloti che tanto ammiravano il classe ’60 brasiliano.

Senna dopo la vittoria in Brasile nel 1991, anno del suo terzo Mondiale

Lo strapotere Williams e l’ultima ad Adelaide

Le imprese stupefacenti di Senna sono note a tutto il mondo, a partire dall’ultimo GP della stagione precedente, Adelaide, l’ultima delle su vittorie, per passare a Donington sempre nel 1993. Senna aveva vinto più della metà delle gare bagnate a cui aveva partecipato. Adrian Newey era il capo progettista di quella Williams, Anche lui ammette di alcune difficoltà con la vettura del ’94: “La vettura del 1994 era instabile. Abbiamo dovuto modificare le sospensioni, passando da quelle attive a quelle tradizionali. L’aerodinamica ne ha risentito. La macchina era molto, molto difficile da guidare. Nonostante ciò Senna faceva ottimi tempi.”

Quelle del GP di Imola 1994 furono probabilmente le 24 ore peggiori della storia della Formula 1. La perdita di due vite umane fu una ferita irreparabile anche nello spietato mondo della Formula 1. Un senso, nel paddock, di saudade: una parola, derivante dalla cultura spesso carismatica brasiliana, che significa malinconia. Segno di Formula 1 che, in qualche modo, si aggrappa in modo nostalgico a questo termine per ricordare la figura di Ayrton Senna.

In inglese dicono “one of the best to ever do it“, noi diciamo uno dei migliori di sempre. E questa frase, legata al mondo delle corse, non può non far pensare al mago proveniente dal Brasile.

Para sempre, Ayrton.

Foto: Formula 1, X

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