Il figlio di Michael Schumacher, Mick, ricorda il padre all’interno del libro Inside Mercedes F1: “Dopo l’incidente, ho dovuto fare tutto da solo”.
Michael Schumacher è uno di quei nomi all’interno del mondo della Formula 1 che ricorderemo per sempre: 7 titoli mondiali (di cui il primo vinto proprio trent’anni fa oggi), 91 vittorie, 68 pole position e 77 giri veloci. Oltre a questo, però, l’ex pilota tedesco, che ha vestito sia le vesti di Brackley che quelle di Maranello, è stato anche padre, figura a cui Mick Schumacher, anche lui ex pilota di F1 per il team Haas, ha dovuto “rinunciare” a soli 14 anni, proprio poco prima di muovere i primi passi all’interno delle categorie minori al volante di una monoposto.
Il pilota classe 1999, dopo aver salutato il team americano guidato allora da Günther Steiner alla fine del 2022, è entrato a far parte del mondo del WEC con Alpine rimanendo nell’orbita della F1 come pilota di riserva per Mercedes, team che condivide con il papà Schumi una lunga ed emozionante storia; tuttavia, le possibilità per il quasi venticinquenne di tornare all’interno della categoria regina sembrano essere quasi nulle al momento, salvo eventuali colpi di scena nel corso della prossima stagione.
Intervistato da Matt Whyman, autore del libro che racconta la storia del team delle Frecce d’Argento dal titolo “Inside Mercedes F1” uscito lo scorso 7 novembre, Mick Schumacher si è raccontato al giornalista britannico, ricordando come la presenza del padre abbia forgiato la sua preparazione da pilota, oltre a qualche aneddoto sul tempo passato insieme.
“Era un ragazzo un po’ pazzo – tutto quello che faceva mio padre, lo facevo anch’io. Ho iniziato a fare karting a tre anni. A sei anni sono andato per la prima volta a fare immersioni subacquee. A dieci anni ho fatto il paracadutismo. Mio padre è sempre stato molto aperto a farmi provare tutto quello che volevo e correre è sempre stato l’unico mio obiettivo, perché mi divertivo di più. Era davvero di supporto e molto divertente, ma a volte anche stimolante“.
“Una volta, durante una gara di kart, ho frenato molto tardi entrando in una curva e ho guadagnato molto tempo. Quando gliel’ho raccontato, mi ha detto: ‘Sì, ma avresti dovuto frenare così in ogni curva!’. Ogni volta che sentiva che non lo stavo prendendo sul serio, mi diceva: ‘Mick, preferiresti andare a giocare a calcio con i tuoi amici? Se è così, non c’è bisogno di fare tutto questo’. Io insistevo che volevo correre e lui diceva: ‘Okay, allora facciamolo per bene’. Così abbiamo cominciato a fare più karting in Europa e io stavo migliorando” ha detto a Whyman.
Supporto che, purtroppo poi, è venuto a mancare a causa di quell’incidente sulle Alpi francesi avvenuto il 29 dicembre 2013; da quel giorno, tutte le informazioni sulle condizioni di salute del Campione di Formula 1 sono rimaste riservate grazie alle azioni della moglie Corinna, la quale è sempre stata estremamente protettiva nei confronti della privacy del marito.
“Poi è successo l’incidente di mio padre. L’anno dopo ho iniziato a correre nelle classi di Formula e da allora ho dovuto fare tutto da solo. Ma ho sicuramente imparato molti concetti tecnici da lui che utilizzo ancora oggi, così come dai suoi insegnamenti. E sono sempre stato molto resiliente. Ogni volta che mi facevo male, mi rialzavo subito, e sono ancora così, in effetti” ha continuato Mick Schumacher.
Foto: Pinterest, Mick Schumacher.