Correre il più forte possibile: la storia di Gilles Villeneuve

di Alice Roghi

Un pilota mai dimenticato dai ferraristi e dall’intera comunità del motorsport: ecco la storia di Gilles Villeneuve, dagli albori alla morte

Tutto cuore, purezza e piede destro premuto sull’acceleratore. Questo era Gilles Villeneuve. O almeno, questo è come lo descriverebbe chi ha vissuto Villeneuve dal vivo e ha avuto la fortuna di scambiarci due parole.

Correre il più forte possibile: la storia di Gilles Villeneuve

La nascita del mito Villeneuve e le prime volte in pista

Figlio di Seville Villeneuve e Georgette Coupal, Gilles nacque il 18 gennaio 1950. Proveniente dalle gare di motoslitte, sempre insieme al fratello Jaques e con ottimi risultati, Villeneuve non riuscì mai a resistere al richiamo del motore di un’auto da corsa, più pericolosa, adrenalinica e di una velocità nettamente maggiore rispetto a quella di una motoslitta.

Ottenuta la licenza di pilota, il canadese passò presto alla guida di monoposto. Fu soprattutto grazie alle sue capacità di padronanza di un veicolo instabile ottenuta dalle gare sulla neve fresca che, nel 1976, vinse sia il campionato di Formula Atlantic canadese che statunitense.

Correre il più forte possibile: la storia di Gilles Villeneuve

Un anno dopo, nel 1977, Gilles prese parte al Gran Premio Trois Rivieres. I nomi dei partecipanti a questo evento erano da capogiro: tra i più noti piloti di Formula 1 vi erano Brambilla, Depailler e Hunt il quale si vide tagliare il traguardo da un talentuoso Villeneuve. L’inglese, cogliendo la palla al balzo, lo presentò all’allora direttore sportivo della McLaren, Teddy Mayer, che lo fece scendere in pista al Gran Premio di Gran Bretagna 1977 a bordo di una McLaren M23. Gilles, tenace e impavido com’era, non ci mise molto a far rimanere tutti a bocca aperta date le sue buone ma ancora imperfette abilità. Nonostante ciò, lo stesso Mayer preferì qualcun altro al posto suo.

L’approdo in Ferrari

È vero che non tutto il male viene per nuocere, infatti, verso la fine dell’agosto 1977, il canadese venne contattato dalla Ferrari, che era in cerca di un sostituto per Niki Lauda, il quale aveva deciso di lasciare il team dopo aver vinto il titolo mondiale.

Durante i suoi primi anni in Formula 1, oltre a camuffare la sua età perché si riteneva ”troppo vecchio per attirare grandi team”, è ben riuscito a far conoscere al mondo la sua guida spericolata: tirava fuori le migliori prestazioni e poi era costretto a ritirarsi per essere stato coinvolto in un incidente. Era un tira e molla continuo, un continuo alternarsi di successi e ritiri. Fu proprio da questa sua abitudine di non concludere le gare che nacque il soprannome ‘Aviatore’.

Correre il più forte possibile: la storia di Gilles Villeneuve

Con il passare del tempo, anche lui riuscì a costruirsi un’evidente maturità a livello agonistico. Degno di nota è sicuramente l’episodio che, insieme ad Arnoux, lo ha visto protagonista nel gran premio di Francia 1979. Quella tra lui e il pilota francese è stata una serratissima lotta per il secondo posto, talmente spettacolare che Jabouille, il quale si stava dirigendo al traguardo per concludere in prima posizione, non venne nemmeno preso in considerazione. Lo stesso René ricorda ancora quella gara con un sorriso sul volto, ripensando a quanto fosse bello correre e lottare con il proprio migliore amico. Era rischioso, quello non deve essere messo in dubbio, ma i due si conoscevano talmente tanto bene da fidarsi ciecamente l’un l’altro.

Il 1982 per Villeneuve

Dopo qualche stagione caratterizzata da ritiri e imprese impossibili arrivò la furibonda e controversa stagione 1982, l’ultima di Gilles.

Correre il più forte possibile: la storia di Gilles Villeneuve
Correre il più forte possibile: la storia di Gilles Villeneuve

L’inizio di quest’ultima non fu particolarmente emozionante: due ritiri e una squalifica a causa dell’ala posteriore della sua Ferrari 126 C2 ritenuta irregolare. Nel frattempo la FISA, federazione dello sport automobilistico, e la FOCA, associazione dei costruttori di Formula 1, stavano aspramente dibattendo su alcuni punti del regolamento così, arrivati a Imola, le scuderie legate alla FOCA (tra cui Brabham, McLaren e Lotus) decisero di non prendere parte al Gran Premio lasciando la ribalta a sole 14 vetture.

Lo scontro che doveva essere principalmente tra Ferrari e Renault, in seguito al ritiro di quest’ultime, divenne uno scontro tra compagni di squadra. Villeneuve, alla vista del cartello ”slow” esposto ai due piloti del cavallino dal muretto, allontanò subito il piede dall’acceleratore ma lo stesso non fu per Pironi il quale, avendo preso quel cartello solo come un invito a non forzare la macchina, superò Gilles. Quest’ultimo, credendo si trattasse solo di spettacolo, lo attaccò a sua volta iniziando un duello che andò avanti fino all’ultimo giro dove Pironi si prese la vittoria dopo aver superato per l’ultima volta il compagno di squadra.

Nonostante i continui tentativi di Pironi di rimediare, l’amicizia tra i due si era ormai ufficialmente troncata e una competizione rivelatasi mortale si era appena aperta.

Gilles Villeneuve e Didier Pironi

La morte

8 maggio 1982, Zolder.
Era giorno di qualifiche in Belgio e Villeneuve aveva concluso la sessione conquistando l’ottava posizione. Pironi, dal canto suo, aveva segnato il sesto miglior tempo in griglia e Villeneuve, preso dalla voglia di partirgli davanti durante la gara del giorno dopo, invece che scendere dalla vettura dopo quello che doveva essere il suo ultimo giro, oltrepassò i box e si lanciò in un’altra prova.

L’incidente fatale di Villeneuve.

Avvicinatosi alla Terlamenbocht, Gilles si ritrovò davanti la lenta March di Jochen Mass il quale, interpretando male la situazione, andò a intralciare la strada del canadese. Il contatto fu inevitabile e disastroso: la Ferrari di Villeneuve si staccò da terra e ruotò su se stessa due volte prima di ricadere al suolo. In più, data la forza dell’impatto, rimbalzò nuovamente prima di schiantarsi definitivamente a sull’asfalto. Villeneuve fu sbalzato fuori dall’abitacolo ricadendo ai lati della pista con tanto di sedile attaccato a sé. Le sue condizioni erano pessime, c’era chi già lo dava per deceduto date le poche speranze che riponevano dagli esiti dell’incidente.

La vettura di Villeneuve dopo l’incidente a Zolder

In effetti anche i professionisti che si occuparono del caso dissero che non c’era nulla da fare e che, nel caso fosse sopravvissuto, avrebbe continuato la sua vita in stato vegetativo. La triste e difficile scelta finale spettò a sua moglie Joanna, la quale decise di staccare i macchinari che ancora lo tenevano in vita.

E fu così che, durante una triste sera di inizio maggio, se ne andò una delle poche persone a cui il Drake aveva realmente voluto bene. Essere piloti comprende da sempre anche la consapevolezza di essere un passo sempre più vicino a un tremendo incidente e questo Gilles lo sapeva bene, ma la sua voglia di correre superava ogni limite e ogni paura.

Uno striscione in ricordo di Gilles Villeneuve

Dopotutto si sa, nel momento stesso in cui si ha paura, non si è più un pilota.

Foto: Schlegelmilch

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