3 ritiri, una squalifica e 2 incidenti minori: tra il 1984 ed il 1990 la gara di casa in Brasile per Ayrton Senna è un disastro. Soltanto nel 1986 ad Ayrton andò tutto liscio, dove ottenne un ottimo secondo posto, ma mai la vittoria “a casa sua”, come direbbe Carlo Vanzini.
Nel 1991, però, nulla può fermare il grande Ayrton. Una pole position ottenuta dando oltre un secondo al suo compagno in McLaren, Gerhard Berger, una partenza perfetta, la pioggia che scende (che può essere solo un vantaggio se vieni chiamato ‘mago della pioggia’)… insomma, è tutto scritto. Finalmente Ayrton Senna, all’ottavo tentativo, sta per trionfare davanti al suo pubblico, un pubblico che lo vede come un Dio, proprio come un’altra leggenda come lui, il grandissimo Pelè.
Fino a quando…
Scuote la testa quel casco giallo. Inizia a perdere una marcia, poi due, poi tre, poi gli resta soltanto la sesta marcia. La sua McLaren ha un problema: la scatola del cambio si è rotta. Sembra tutto finito… ma non se ti chiami Ayrton Senna.
Uno sforzo enorme per poter mantenere alti i giri del motore nonostante la sesta marcia, le basse velocità e la pioggia. Chi era a bordo pista racconta di come, nonostante il rumore del motore, si sentissero da fuori anche le urla di dolore di Magic, costretto ad uno sforzo sovrumano. Da dietro recuperano secondi su secondi, ma non basta. Ayrton taglia il traguardo per primo.
Urla, piange, non ci crede. Ce l’ha fatta, ha vinto quella gara maledetta con quella che, ad oggi, è forse la più grande impresa di sempre in Formula 1: a fine gara Ayrton accosta, a causa di uno svenimento dovuto dall’enorme sforzo compiuto. Ma ce l’ha fatta.
Lo sforzo non gli permette nemmeno di alzare il trofeo sul podio: troppo il dolore, e troppa l’emozione per il campione brasiliano. La folla, a ritmo di “Olè Senna”, piange ed esulta incredula dopo l’impresa.
Quella che, ad oggi, resta la più grande impresa nella storia della Formula 1.