La carriera di Andrea Montermini raccontata in breve partendo dai test sulla pista di Fiorano insieme alla Scuderia di Maranello, passando al debutto in Formula 1 con Simtek dopo l’assordante silenzio di Imola ed alle prossime avvenute del pilota italiano nel motorsport in esclusiva.
In occasione della 109° edizione della storica Targa Florio, la corsa automobilistica più antica al mondo, GPKingdom ha avuto l’opportunità di poter chiacchierare insieme ad Andrea Montermini – tre volte campione Internazionale GT ed ex pilota di Formula 1, Le Mans, IndyCar – per scoprire i retroscena della sua carriera e le nuove avventure del pilota italiano in anteprima: una storia che racconta della resilienza necessaria per il conseguimento di un sogno coltivato con passione ed inseguito con determinazione e testardaggine, contro le statistiche e il tempo stesso che scorre inesorabile portando con sé opportunità in grado di riscrivere completamente il corso della propria storia.

Tra il 1991 e il 1994, i test con la Rossa di Maranello e il debutto in Formula 1
Lei ha preso il posto di Ronald Ratzenberger in Simtek dopo i tragici incidenti ad Imola nel 1994. Come ha vissuto l’arrivo di quella chiamata?
“È stato uno shock, è stato uno shock perché, in realtà, i miei discorsi con la squadra erano già avanti prima che succedesse l’incidente, perché si sapeva che Ratzenberger aveva un contratto in scadenza: diciamo così, alla Lawson di oggi, e lui aveva un numero di gare che dovevano finire dopo Imola, per cui c’erano già dei discorsi in atto. Io ero già abbastanza sicuro che avrei preso il suo posto, ma prendere il suo posto così è stato scioccante, anche perché io ero ad Imola”.
Quindi ha assistito a tutto. Come ricorda quel momento?
“Tutto. È stata una cosa… la cosa è stata questa: una situazione irreale, di essere dentro ad una bolla di vetro, dentro un qualche cosa irreale, appunto. Ad un certo punto, ci siamo trovati tutti dentro ai box, specialmente sia il sabato che la domenica. È qualcosa che dici: ‘ma non è vero, non sta succedendo’. Ad un certo punto, mi ricordo una cosa surreale: un silenzio improvviso in corsia box, con un sacco di persone. C’eran dentro un sacco di gente e, per un attimo, c’è stato un momento di silenzio totale. Io non lo scorderò mai”.
Guardando alla sua carriera tra Formula 1, GT e prototipi, quale esperienza le è rimasta più impressa sia dal punto di vista umano che tecnico?
“Ho avuto la fortuna di toccare la Ferrari, di fare più di 15.000 km di test con loro. Ovviamente, per ogni pilota, la Ferrari rimane la Ferrari. Io sono nato vicino alla pista e poter passare da una parte delle reti guardando al guardare dentro alla pista è stata un’emozione importante; per cui, ti devo dire: la Ferrari o la Formula 1 rimane sempre. Però la Formula Indy, i prototipi, i GT e i campionati vinti… ognuno ha un posto dal quale non ci si può discostare, non lo puoi dimenticare, e ognuno ti lascia qualcosa dentro. Non importa: tutte le vittorie sono belle, e la più bella è l’ultima. Sempre”.
Partendo dalle origini per raccontare il futuro
Lei ha iniziato a correre nei kart a 23 anni. Ad un’età che per molti piloti oggi, e ancor di più ieri, sembra quasi essere “vecchi”. C’è stato mai un momento dove lei ha pensato di mollare tutto?
“Ci sono dei momenti nella carriera in cui arrivi a un certo punto che dici: ‘Non ce la faccio, non ce la posso fare, perché servono i soldi, servono tante cose che non ho e non ci posso arrivare’. Ma l’istante successivo ho detto: ‘Non mollo, vado avanti e tengo duro’. La determinazione, come si dice in inglese stubborn, testardo, no? Un testardo determinato. La determinazione può essere vista come testardaggine, e viceversa, ed è quella che mi ha salvato la carriera“
“Oggi sono 38 anni che faccio questo lavoro, e ne sono felice. E soprattutto, alla mia età, non mi viene da buttare via niente; anzi, mi viene da cercare di sfruttare, perché ovviamente, man mano che passano gli anni, un po’ si evolve, no? Ci sono situazioni che non possono più essere viste come quando ne avevo 20, 30 anni: ci sono cose che puoi fare e cose che non puoi fare, e devi cercare di agire per poter sfruttare al massimo quello che puoi fare“
“Aver ricevuto proprio adesso quest’opportunità — ieri l’altro (martedì 6 maggio, ndr), che ero qua, che stavo arrivando in hotel — è stato qualcosa anche un po’ improvviso, perché devo fare tutto di corsa. E sarò proprio a Spa, in Belgio, la settimana prossima”.
Ci parla di più di questa nuova esperienza?
“Certo, come no! Il comunicato stampa uscirà nei prossimi giorni: parteciperò al campionato, di cui è stata fatta solo una gara, del GT Open. La Ferrari di Norimberga, come scuderia, hanno deciso di prendermi insieme a un altro pilota di 22/23 anni per formare l’equipaggio e affrontare le restanti tappe del campionato GT Open e dell’Internazionale GT“.
Le differenze tra l’era Prost e l’era Hamilton in Ferrari
L’ultima domanda, giuro. Lei nel 1991 ha fatto dei test con Ferrari, un periodo in cui Alain Prost era un po’ in conflitto con la scuderia ed è un po’ quello che abbiamo visto a Miami con Hamilton e Riccardo Adami dove emergono un po’ degli attriti. Lei come vede questa situazione, cosa è diverso della Ferrari di oggi rispetto ai tempi di prost?
“Non si possono paragonare. Stiamo parlando di due entità completamente differenti, macchine differenti, regolamenti differenti… cose diverse. Quello che cambia sono gli uomini, ma gli uomini si evolvono anche in quel senso. I piloti, gli ingegneri — vedi anche gli ingegneri femminili, no? — prendono posizioni di comando che una volta non erano neanche contemplate“
“Oggi, quando guido, se ho l’ingegnere Vittoria in radio, devo assolutamente appoggiarmi a quello che loro vedono al muretto box, e che io non posso vedere. Mi devo assolutamente fidare. E qui entra in campo la fiducia che c’è nel gioco, proprio, pilota-squadra. Quello che sentiamo via radio — io sono sincero — è una cosa che può succedere a chiunque, e succede a chiunque perchè fa parte della normale evoluzione di quando sei lì, a 300 km/h. Affronti tantissime situazioni e devi affrontarne delle altre, ma tu non vedi l’intera fotografia. Al box ne vedono assolutamente un’altra e quindi, ad un certo punto, ti devi fidare“
“È chiaro che anche noi, come piloti, in quel momento — con l’adrenalina e tutto quanto, i battiti oltre i 150 al minuto — hai tante cose, e possono anche succedere che escano delle parole che, in quel momento, vedi solo lì. Ma a bocce ferme dici: ‘Ah, però, non avevo considerato che…’, anche perché sono decisioni che vengono prese in centesimi di secondo, e non sempre tutte ti sembrano normali. Addirittura, qualcuna, non ce la ricordiamo neanche“.
Foto: Andrea Montermini.