Perché Imola non svanisca: una ferita che sarebbe troppo dolorosa

di Alice Roghi

Imola: una pista, mille storie e un’eredità che va preservata a ogni costo

C’è chi parla di calendari, soldi, show. Chi guarda le gare come se fossero eventi qualsiasi, interscambiabili, replicabili.
E poi c’è Imola.

Imola non è solo un circuito. È un luogo sacro per il motorsport.
Qui si compete con rispetto, perché ogni metro d’asfalto racconta una storia. Una leggenda. Una tragedia.

La Ferrari festeggia a Imola

Imola è l’ultima cosa che possiamo perdere

Durante il weekend del Gran Premio di quest’anno, migliaia di persone sono accorse con un pensiero comune: “E se fosse l’ultima volta?” L’ultima corsa tra le varianti Tamburello e Villeneuve, tra la Tosa e la Piratella, le Acque Minerali e la Gresini, fino alla Rivazza. L’ultimo urlo dei motori sopra la collina. L’ultimo pellegrinaggio a quel monumento che vale più di mille parole.

Togliere Imola dal calendario non è solo una scelta logistica o economica. È una ferita. È un insulto alla memoria.
È dimenticare Ayrton Senna, dimenticare Roland Ratzenberger. Dimenticare che questo sport ha anche un’anima.

Ayrton Senna a Imola

Ogni volta che si accendono i motori a Imola, il tempo si ferma. Il Tamburello sussurra, le Acque Minerali ti mettono alla prova.
È un esame di coscienza, non una semplice gara.

Imola non si tocca. Perché Imola siamo noi.
Noi che amiamo il motorsport con la pelle, con il cuore e con i ricordi.

Foto: Rainer W. Schlegelmilch

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