Dietro le quinte con l’ingegnere di pista di Lawson: INTERVISTA ESCLUSIVA a Ernesto Desiderio

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Scritto da Matteo Poletti

30 Ottobre 2025

Ernesto Desiderio, ingegnere di pista di Liam Lawson in Racing Bulls, si racconta in un’intervista esclusiva, svelando i segreti di uno dei lavori più complessi e affascinanti del motorsport.

Il lavoro dell’ingegnere di pista è estremamente complicato: è una figura che a volte passa sotto traccia, ma che funge da tramite tra l’intera squadra e il pilota e può arrivare a cambiare le sorti della gara. Un esempio? Nel recente Gran Premio d’Olanda, dopo l’incidente tra Charles Leclerc e Kimi Antonelli, la Ferrari del monegasco è rimasta ferma a centro pista, con la Racing Bulls di Liam Lawson che sopraggiungeva. La curva del contatto era cieca e non erano state ancora esposte le bandiere gialle: Lawson, quindi, stava guidando a tutta velocità come in un giro normale.

Dietro le quinte con l'ingegnere di pista di Lawson: INTERVISTA ESCLUSIVA a Ernesto Desiderio
Dietro le quinte con l’ingegnere di pista di Lawson: INTERVISTA ESCLUSIVA a Ernesto Desiderio

Ernesto Desiderio, il suo ingegnere di pista, si accorge prima di tutti di ciò che è successo e lo informa tempestivamente, evitando un potenziale incidente ben più rischioso di quello appena successo tra la Ferrari e la Mercedes. Il pilota Racing Bulls, infatti, si apre via radio e lo ringrazia: “Mi hai salvato qui”. Questo è solo uno dei tanti esempi a dimostrazione del talento di Ernesto Desiderio, ingegnere di pista in Formula 1 con esperienze in NASCAR, Indycar e WEC e autore del libro “Formula One Race Engineering”, l’ospite della nostra intervista esclusiva di oggi.

Com’è nata la tua passione per i motori?

“È nata quando ero ancora piccolo. Fin da bambino mi piacevano le macchine: macchinine a pedali, modellini, qualsiasi cosa avesse un motore o delle ruote attirava la mia attenzione. Però il primo vero ricordo, quello che mi ha un po’ fulminato, è quando ero a Monaco in vacanza con la mia famiglia e c’erano le prove libere di Formula 1. Avevo forse cinque anni, non avevamo i soldi per permetterci un biglietto, ma mio papà mi ha preso sulle spalle e io ricordo ancora oggi il rumore pazzesco di quelle macchine che uscivano dal tunnel a velocità incredibile, con questo rumore pazzesco. Da lì è nato tutto”.

Dietro le quinte con l'ingegnere di pista di Lawson: INTERVISTA ESCLUSIVA a Ernesto Desiderio
Dietro le quinte con l’ingegnere di pista di Lawson: INTERVISTA ESCLUSIVA a Ernesto Desiderio

“Guardavo le gare con mio padre: non era solo la bellezza delle macchine, ma anche la meccanica, l’aerodinamica, come tutto funzionava. Fin da piccolo ero interessato più a capire il meccanismo, il perché delle cose, piuttosto che al colore della carrozzeria. Nasco come tifoso Ferrari, ma la mia passione si estendeva al motorsport in generale. Il pilota era l’elemento centrale: questo essere che si calava nell’abitacolo, che prende decisioni a velocità incredibili, per me era la parte più affascinante”.

“Poi mi sono avvicinato anche ai kart, sempre in maniera amatoriale, perché non entro in un kart, sono troppo grosso! Ma il seme della passione era lì e con il tempo si è sviluppata anche la curiosità per capire il funzionamento tecnico delle macchine, fino a spingermi agli studi specifici in ingegneria”.

Fin da piccolo ero interessato più a capire il meccanismo, il perché delle cose, piuttosto che al colore della carrozzeria – Ernesto Desiderio

Quali piloti ti hanno colpito maggiormente da ragazzo?

“Essendo nato nel 1986, ho iniziato a guardarla negli anni ’90. Le prime vere memorie, in cui cominciavo a capire quello che stava succedendo, risalgono alla fine degli anni ’90 e inizio 2000, l’era di Michael Schumacher. Ricordo alcune gare di Senna, poi ci sono stati Mika Hakkinen, Damon Hill e tutti i grandi piloti dell’epoca, però Michael era il mio riferimento”.

Come hai costruito il tuo percorso di studi per arrivare dove sei adesso?

“Ho frequentato l’istituto tecnico industriale, indirizzo aeronautico, a Pisa. Già allora mi affascinava l’aerodinamica applicata al motorsport e cercavo sempre di capire come ciò che studiavo si poteva applicare a una macchina di Formula 1. Ricordo che un anno Michael venne a Grosseto per una gara di accelerazione con l’Eurofighter e io andai a vederlo”.

Dietro le quinte con l'ingegnere di pista di Lawson: INTERVISTA ESCLUSIVA a Ernesto Desiderio
Dietro le quinte con l’ingegnere di pista di Lawson: INTERVISTA ESCLUSIVA a Ernesto Desiderio

“Dopo il liceo mi sono iscritto all’università in ingegneria aerospaziale, laurea triennale, con master in dinamica del veicolo e autoveicoli. Ho avuto la fortuna di seguire il professor Massimo Guiggiani, un riferimento mondiale della dinamica del veicolo, che applicava concetti aeronautici alle macchine e mi ha totalmente affascinato. Con lui ho fatto la Formula SAE, la tesi in Dallara, poi sono rimasto a lavorare lì nel reparto di dinamica del veicolo come ingegnere di simulazioni e performance. Lì sviluppavo modelli di veicolo, seguivo i piloti e i team, preparando le varie gare”.

“Il percorso non è stato lineare: c’è stato un anno in cui avevo smesso di studiare e volevo fare il cuoco. Ho lavorato in un ristorante come cameriere e cuoco per pagarmi gli studi. Questa esperienza mi ha dato una prospettiva diversa: studiare è un privilegio, non un dovere. Da lì ho capito cosa volevo davvero fare e ho cambiato marcia”.

Quanto è importante il rapporto umano tra ingegnere e pilota?

Fondamentale, forse più della parte tecnica. Devi capire chi hai davanti e adattarti al suo stile. Costruire fiducia è essenziale: il pilota deve sentirsi sicuro nel seguire i tuoi consigli, anche se comportano rischi calcolati, come frenare più tardi o provare un setup diverso. Ho lavorato con moltissimi piloti, tutti diversi, e ognuno mi ha insegnato qualcosa. Sorprendentemente, quelli più blasonati spesso sono i più umili e collaborativi. Il pilota ti vede come confidente, amico e punto di riferimento dentro e fuori dalla macchina. Sei il suo rappresentante all’interno del team, con una responsabilità enorme che va oltre i dati tecnici: sicurezza, performance, strategie. Tutto passa attraverso il rapporto con lui”.

Dietro le quinte con l'ingegnere di pista di Lawson: INTERVISTA ESCLUSIVA a Ernesto Desiderio
Dietro le quinte con l’ingegnere di pista di Lawson: INTERVISTA ESCLUSIVA a Ernesto Desiderio

Qual è stato il pilota più talentuoso con cui hai lavorato?

“Difficile sceglierne uno. Ho lavorato con tanti piloti, tra cui Grosjean, Montoya, Fittipaldi, Mick Schumacher, Mazepin, Latifi, Tsunoda, Lawson, Buemi, Nakajima, Kobayashi. Tra quelli con cui non ho mai lavorato, invece, per me l’esempio è Max Verstappen. Sul giro secco sono rimasto impressionato da Kamui [Kobayashi]: riusciva a rendere semplici cose complicate ed è stato l’unico che ho visto scendere sotto il tempo della simulazione, quando abbiamo fatto il record a Le Mans. Anche per Alonso era difficile battere Kamui nel giro secco. Considero però Fernando in cima per la gestione della gara: ti dà prospettiva e controllo, è il pilota che vorresti avere sempre dietro al volante.

Anche Liam [Lawson] e Yuki [Tsunoda], come talento puro, hanno una velocità innata: guidano tante volte oltre il limite della macchina, ma riescono a tornare indietro e controllarla, danzando su questo confine invisibile. Tutti questi ragazzi sono incredibilmente veloci, ma la resilienza mentale è altrettanto importante: Romain [Grosjean], per esempio, in una giornata perfetta era tra i primi 4-5 piloti in griglia. Aiutare un pilota a ritrovare fiducia e consistenza è una delle parti più gratificanti del mio lavoro”.

Il pilota più talentuoso con cui ho lavorato? Sul giro secco Kamui Kobayashi, in gara Fernando Alonso – Ernesto Desiderio

Come hai gestito il ritorno di Lawson in Racing Bulls dopo la Red Bull?

“Non è mai uno switch immediato. Anche in Red Bull, lui non si è scordato come si guida: semplicemente non ha trovato le caratteristiche giuste nella macchina e nel team. Quando è tornato in Racing Bulls io lo conoscevo già, quindi ho avuto un vantaggio. Nel mio lavoro, devi capire si che macchina ha bisogno il pilota, che non necessariamente è sempre quella più veloce per tutti. Abbiamo lavorato insieme a lui e alla macchina, modificando setup, pedale del freno, sedile, feedback dello sterzo. Ha visto che abbiamo fatto uno sforzo per andare incontro alle sue esigenze e ha ritrovato fiducia e performance. Il suo campionato è iniziato veramente dall’Austria in poi”.

Quanto lavoro c’è nella comunicazione con il pilota durante una gara di Formula 1?

“Ogni giro conta, sei completamente immerso in macchina, dati, pilota, ingegneri e strategia. Sei al 110% per un’ora e mezzo. Ascolti il tuo pilota e altri due o tre, di solito quelli attorno a lui. All’inizio della tua carriera non hai le capacità per gestire tutto: ora se mi parlano quattro persone contemporaneamente in radio, le capisco. Sono il filtro tra la squadra e il pilota: in cuffia ho l’ingegnere delle gomme, quello dei freni, quello di performance, gli strateghi. Devo assorbire tutte le informazioni e trasmetterle al pilota”.

“Ogni minuto, ogni informazione deve essere calibrata: troppe comunicazioni possono rallentare il pilota, perché ogni volta che gli parli via radio, toglie un po’ di attenzione dalla guida per ascoltarti. Devi decidere quali informazioni sono utili, quando intervenire e quando lasciare libero il pilota di concentrarsi. Alcune piste hanno delle finestre che si prestano alla comunicazione radio, vedi Spa o Monza con i loro lunghi rettilinei. Nei circuiti cittadini come Singapore, l’attenzione è massima, il caldo è estremo e anche la minima distrazione può compromettere la performance. Devi trovare un equilibrio tra comunicazione e autonomia del pilota. Liam [Lawson], ad esempio, non risponde quasi mai, ma assorbe tutte le mie informazioni”.

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Com’è una tua giornata tipo in ufficio e in un weekend di gara?

In ufficio analizzo la gara precedente e preparo la successiva, lavoro al simulatore, interagisco con piloti e ingegneri. Durante il weekend di gara, eseguo il programma che ho preparato a casa nel miglior modo possibile: studio il piano delle prove libere, preparo un setup da bagnato, guardo il meteo, gli scenari alternativi. Ogni curva, ogni giro è un’opportunità di test e miglioramento, soprattutto con così poco tempo in macchina come accade adesso. Se poi, come successo a Singapore, il tuo pilota va a muro nelle prove libere, deve poi imparare il circuito direttamente nei giri di qualifica”.

Le giornate durano 14 ore, fino al coprifuoco: a volte, il venerdì sera mi porto il lavoro in albergo, con simulatore e analisi parallele in Inghilterra. Allenamento fisico, riposo e gestione delle energie sono altrettanto importanti: anche la minima distrazione può compromettere la sicurezza e la performance. Se fossi stato stanco a Zandvoort, ad esempio, mi sarei perso la situazione dell’incidente scampato. Per me è essenziale massimizzare ogni momento, fisicamente e mentalmente, per supportare al meglio il pilota e il team”.

Dietro le quinte con l'ingegnere di pista di Lawson: INTERVISTA ESCLUSIVA a Ernesto Desiderio
Dietro le quinte con l’ingegnere di pista di Lawson: INTERVISTA ESCLUSIVA a Ernesto Desiderio

Hai lavorato in NASCAR e IndyCar con Dallara, nel WEC con Toyota e in Formula 1 con Haas, Williams e Racing Bulls: quali sono le principali differenze e similitudini tra questi mondi?

NASCAR e Formula 1 sono molto vicine dal punto di vista tecnico: si lavora per quel millesimo di secondo su gare di un’ora e mezza con molte macchine simili e ogni dettaglio fa la differenza. In NASCAR, i dati nei weekend di gara erano meno abbondanti rispetto alla F1, ma durante i test ce n’erano molti di più e di qualità altissima: sensori alle gomme che misuravano tutte le forze e momenti e che ci permettevano di caratterizzare perfettamente il modello di gomma”.

Il WEC, invece, è un mondo completamente diverso: negli anni in cui ho lavorato io, le macchine erano vere astronavi tecnologiche, con powertrain complessi, batterie, gomme e aerodinamica altamente sofisticata. La sfida lì non è solo la velocità, ma bilanciare affidabilità e performance per gare da 6, 8 o 24 ore. Ho fatto due volte la 24 Ore di Le Mans. Una quasi vinta [nel 2016], con la macchina di Kazuki Nakajima che si è bloccata in testa dopo 23 ore e 57 minuti, dove Toyota ci ha corrisposto il 99,7% del bonus vittoria anche se non abbiamo vinto. L’anno dopo abbiamo fatto il record della pista, che mi ha anche fruttato un tatuaggio per una scommessa persa con Kamui Kobayashi. Ogni categoria ha regole, complessità e obiettivi diversi, ma in tutte serve precisione, gestione del team e capacità di adattamento”.

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Come hai gestito gli spostamenti e i sacrifici richiesti dal lavoro rispetto alla tua famiglia?

“Non è stato facile, soprattutto perché il motorsport comporta frequenti trasferte e assenze prolungate. Ad esempio, sono lontano da mia moglie circa 200 giorni l’anno. Poco dopo la laurea ho perso mio padre e ho dovuto prendere decisioni importanti per dare sostegno economico alla mia famiglia, come andare negli Stati Uniti per un progetto NASCAR con Dallara a Indianapolis. Dovevo restare due mesi ma sono rimasto nove, vivendo lontano da mia madre e dalla mia famiglia. L’esperienza è stata durissima, ma incredibilmente formativa: ho messo su un simulatore, seguito un team come ingegnere di performance, fatto esperienza sul campo. Tutto questo ha ripagato enormemente il sacrificio”.

Quali consigli daresti a chi vuole intraprendere una carriera come la tua nel motorsport?

“Seguire ciò che ti rende felice. Nel mio caso, capire che volevo lavorare con le macchine e i piloti è stato determinante. Bisogna essere disposti ai sacrifici: il motorsport è la tua vita, devi muoverti, trasferirti, affrontare l’assenza da casa e dalla famiglia, spesso per periodi lunghi. Molto del successo dipende dalla tua determinazione: se ti viene chiesto di fare qualcosa che non sei sicuro di poter fare, la risposta giusta è sempre provare, mettercela tutta, imparare dagli errori e andare avanti”.

Foto: Gentile concessione di Ernesto Desiderio e Visa Cash App RB F1 Team (Red Bull Content Pool)

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Matteo Poletti

Parma, 22 anni | Articolista dal 2021, scrivo per GPKingdom dal 2024 e per la Gazzetta di Parma dal 2025 | Content creator (@polmatracing) dal 2017

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