Nel contesto della crescente insicurezza legata alla proprietà dei veicoli in Italia, emerge con forza un fenomeno che va oltre il furto tradizionale: il furto parziale di componenti auto, pratica ormai diffusa e in crescita, che interessa soprattutto le aree urbane più popolate e strategiche del Paese.
Nel corso del 2024, i furti d’auto in Italia hanno raggiunto la quota di 136.201 casi, con un aumento del 3% rispetto all’anno precedente. Di questi, oltre la metà riguardano furti di singoli componenti, lasciando il veicolo spesso al suo posto ma depredato dei pezzi più pregiati e facilmente rivendibili. Questa tendenza è stata evidenziata da Car Clinic, il primo network nazionale di carrozzerie di proprietà, che ha rilevato ben 13.879 interventi per la riparazione di danni causati da furti o tentativi di furto parziale, con un incremento del 3,5% rispetto al 2023.
Le regioni più colpite sono la Lombardia, che guida questa triste classifica, seguita dal Lazio, dalla Campania e dal Piemonte. A livello provinciale, spiccano Roma, che registra il maggior numero di casi con 1.981 interventi, seguita da Milano con 1.907. Torino, Napoli e Bari completano la lista delle province maggiormente interessate, confermando la predominanza delle grandi aree urbane come teatro privilegiato di questa forma di criminalità. Il traffico intenso, la disponibilità di veicoli e la facilità negli spostamenti offrono infatti un vantaggio logistico alle organizzazioni criminali specializzate.
Le tipologie di veicoli e i componenti più richiesti
Le automobili più colpite da questi furti parziali sono quelle di età compresa tra i quattro e i sei anni, con 4.571 interventi registrati, mentre al secondo posto si collocano i veicoli di meno di tre anni, con 3.897 casi. Questa scelta riflette la preferenza dei ladri per modelli dotati di componenti moderni e di valore, ma che non dispongono ancora delle più recenti tecnologie di protezione antifurto.
Tra i componenti più rubati figurano le telecamere, i paraurti, le autoradio, i fanali, i cerchi in lega e soprattutto i catalizzatori. Negli ultimi cinque anni, le officine italiane hanno sostituito 141 telecamere, 114 paraurti e ben 28 catalizzatori sottratti dai veicoli. Quest’ultima voce è particolarmente significativa poiché i catalizzatori contengono metalli preziosi come platino e palladio, il cui valore sul mercato nero è in costante crescita. Il furto di catalizzatori è già un’emergenza in diversi paesi europei e negli Stati Uniti, e l’Italia rischia di seguire lo stesso percorso se non si interverrà con politiche mirate.
Dietro questi furti parziali si cela una rete criminale ben organizzata, che raccoglie e smista i pezzi rubati verso officine compiacenti o li esporta all’estero, complicando il lavoro delle forze dell’ordine nel risalire ai responsabili e ai vertici delle operazioni.
Per fronteggiare questa emergenza, le compagnie assicurative stanno sviluppando polizze dedicate contro i furti di componenti, mentre alcuni produttori stanno implementando tecnologie più avanzate, come antifurti satellitari, sistemi di blocco dei componenti e parcheggi videosorvegliati. Tuttavia, senza un coordinamento strategico che coinvolga istituzioni, case automobilistiche e operatori del settore, il rischio è che questo fenomeno possa degenerare in un problema di ordine pubblico, come già accaduto altrove.
Le città come Milano e Roma – centri nevralgici del fenomeno – si trovano a dover affrontare quotidianamente questo tipo di reato, che provoca ingenti danni economici ai proprietari e contribuisce a deteriorare la percezione di sicurezza nei contesti urbani.
Il contrasto a questa forma di criminalità richiede quindi interventi integrati e innovativi, a partire dall’adozione di tecnologie di sicurezza più efficaci, passando per una stretta collaborazione tra forze dell’ordine e sistema giudiziario, fino a campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini e un maggior controllo sul mercato dei ricambi usati.