Un motore che ha diviso appassionati e tecnici come pochi altri nella storia dell’automotive.
Ci sono motori che passano inosservati e altri che, per un motivo o per l’altro, restano impressi nella memoria collettiva. Alcuni sono ricordati per l’affidabilità, altri per i successi in pista, altri ancora per il suono che li contraddistingue. In questa categoria ristretta entrano quei propulsori che riescono a creare una frattura tra chi li ama e chi li odia, tra chi li considera capolavori d’ingegneria e chi, invece, li maledice ogni volta che apre il cofano.
Il dibattito che ruota attorno a certi motori si alimenta di esperienze personali, racconti di officina e ricordi di accelerazioni mozzafiato. Non si tratta solo di numeri o schede tecniche: è una questione di passione, sensazioni e frustrazioni meccaniche. Sono i motori che non si dimenticano, capaci di suscitare un amore viscerale o una delusione profonda, spesso nella stessa persona.
Molti di questi propulsori hanno avuto una vita breve ma intensa, destinati a modelli specifici, spesso iconici. Alcuni sono figli di scelte tecniche ardite, altri nascono da compromessi tra prestazioni e normative. Ma in ogni caso, lasciano un segno. E quando si parla di questi motori, l’opinione pubblica si divide in fazioni accese, quasi come se si trattasse di squadre di calcio.
Non è raro che la stessa unità venga celebrata dai puristi e detestata dai tecnici. C’è chi ne esalta l’anima corsaiola e chi ne denuncia la fragilità. C’è chi investe tempo e denaro per mantenerla in vita e chi, davanti a un guasto, preferisce sostituirla con qualcosa di più prevedibile. Ma in fondo, è proprio questa polarizzazione emotiva a decretarne lo status leggendario.
Un’eredità difficile da ignorare
Uno dei casi più emblematici in questo senso è quello del motore BMW S65B40, protagonista assoluto sotto il cofano delle M3 prodotte tra il 2007 e il 2013. Un V8 aspirato da 4,0 litri che ha saputo regalare emozioni intense, nato da una costola del V10 montato sulla M5 E60. Le sue caratteristiche tecniche raccontano già molto: corpi farfallati individuali, 8.400 giri/min di regime massimo e una potenza di 414 CV. Ma sono solo l’inizio della storia.
Questo motore rappresenta un punto di svolta per BMW, un esperimento ambizioso nel portare l’ingegneria da pista sulle vetture di serie. Con un sistema di lubrificazione semi-secco mutuato dal motorsport e un blocco in alluminio, il S65 prometteva leggerezza, prestazioni e un sound iconico. Tutto pensato per il piacere puro della guida. Tuttavia, già in quegli anni, le prime voci su alcuni problemi di affidabilità iniziavano a circolare tra i meccanici.
Il fascino e il prezzo della complessità
Come riportato su Italiano Enduro, il S65 è diventato noto non solo per le prestazioni ma anche per le sue fragilità. Il vero incubo per i meccanici risiede nei cuscinetti di banco e di biella, soggetti a forte usura e rischio di cedimento già intorno ai 100.000 km. Una minaccia silenziosa che, se non gestita con manutenzione preventiva, può portare a danni irreparabili.
Ma non è l’unico punto critico: anche attuatori dei corpi farfallati, sistema VANOS, pompa dell’acqua e termostato richiedono controlli costanti. Nonostante questo, il S65 continua a essere amato da molti per la sua personalità unica e per il potenziale di tuning, che permette di raggiungere cifre esaltanti, fino a 700 CV con kit compressore. Una vera contraddizione su quattro ruote: amato per quello che offre, temuto per quello che può costare.