La storia degli orologi in F1: come si è evoluto il calcolo del giro

di Walter Izzo

Ripercorriamo la storia degli orologi in F1 e la loro evoluzione nel corso del tempo. Dalle origini ai primi dispositivi elettronici, dai radar ai software moderni, riviviamo la storia del calcolo del giro in F1

F1 è sinonimo di velocità, di adrenalina pura e cavalli del motore, tanti. Tutti gli eventi concernenti il motorsport hanno tuttavia, nella loro grande diversità e varietà, un qualcosa di essenziale in comune: il calcolo del tempo. Qualcosa di indispensabile e soprattutto unico elemento sempre presente, unico giudice inconfutabile dall’alba dei tempi a oggi, il calcolo del tempo caratterizza ogni weekend, da una banale FP1 all’ultimo rettilineo del GP, di ogni evento sportivo. Ma come siamo arrivati a calcolare così meticolosamente e precisamente i tempi su un giro? Qual è la reale storia degli orologi in F1, e come si è evoluto questo calcolo?

Storia degli orologi in F1: le prime gare di esibizione e i cronometri ufficiali negli anni ’30

La F1 lo sappiamo, è uno sport vecchiotto. E guai a considerarla nata soltanto nel 1950 (anno del primo Campionato Mondiale assoluto), poiché essa affonda le proprie radici ben prima di tale annata, attraverso esibizioni, corse cittadine e gare “folli” su circuiti lunghissimi, come a Napoli o Pescara. Ed è proprio da lì che partiamo, perché è in quei contesti che sorgono le prime vere idee, un semplice antipasto per creare qualcosa di grandioso e soprattutto intercontinentale, che abbracci tutto il mondo e vada a dar spettacolo attraverso le corse e le macchine. E’ lì che nasce la storia degli orologi e del calcolo del tempo, e conseguentemente la F1.

Il calcolo del tempo agli albori: gli anni ’30

Le prime gare e le prime esibizioni di autovetture alla vigilia della II Guerra Mondiale, quelle degli anni ’30, furono sinonimo di prime grandi innovazioni tecnologiche, e i cronometri, logicamente, non fecero eccezione. Le prime corse dell’epoca (menzioniamo il primo Gran Premio d’Europa o la Mille Miglia), richiedevano precisione e affidabilità per registrare i tempi, e i piloti furono i primi a invocare tutto ciò. Ecco che dunque i team e gli organizzatori dei vari eventi, l’antica FIA per intenderci, si avvalsero dei primissimi e migliori cronometri meccanici in commercio. Tutto bello, se non che essi fossero gestiti dalla mano dell’uomo. Ovviamente.

Storia degli orologi in F1: negli anni ’30 i primi cronometri meccanici

Quanto potevano essere precisi questi strumenti? Ben più di quanto possiate immaginare, poiché seppur gestiti manualmente, essi erano talmente sofisticati e avanzati all’epoca, da avere una precisione di 1/10 di secondo. Questi particolarissimi cronometri meccanici funzionavano grazie a un complesso sistema di ingranaggi e molle che trasformavano l’energia meccanica in movimento. Tutto iniziava con la molla principale, chiamata bariletto, che veniva caricata manualmente. Altro componente fondamentale era il bilanciere, il quale oscillava ad effetto pendolo, stabilendo il ritmo del movimento. Questo sistema, estremamente raffinato, permetteva di dividere il tempo in frazioni sempre più piccole, arrivando a misurare i famigerati decimi di secondo.

E il cronometrista? All’epoca era impossibile immaginare che tutto ciò fosse gestito tramite radar o a distanza, ma il tutto era dettato da più addetti che, posti sul traguardo, a ogni passaggio azzeravano e ricalcolavano il tempo sul giro. Un meccanismo interno, chiamato ruota a colonna, che collegava e scollegava il movimento degli ingranaggi con un clic netto e preciso al completamento di ogni passaggio sulla linea del traguardo.

Dopo la guerra: dalle fotocellule dei ’50 all’automatismo degli ’80

Dopo molti (plausibili) errori umani, la F1 decide di far sul serio, e dopo il tragico conflitto mondiale, pianificherà la rivoluzione. Una rivoluzione necessaria affinché si potesse davvero pensare in grande, ed ecco che dunque l’apertura del circus al mercato globale, causerà le prime concorrenze tra i vari marchi. E’ qui che brand di orologi rinomati come Heuer, Omega, Longines e Hanhart si contenderanno il mercato, cominciando a sviluppare modelli sempre più sofisticati, adattabili persino alle vibrazioni del fondo delle macchine sul suolo, alla polvere e agli sbalzi di temperatura.

storia degli orologi in f1
Storia degli orologi in F1: la bandiera a scacchi e il cronometro da sempre elementi essenziali della F1, sin dagli anni ’50

Il primo grande, enorme progresso, è però da registrare nel 1953: all’alba di quel Mondiale, vinto dal leggendario italiano Alberto Ascari, F1 decide di rivoluzionare, dando origine alle prime fotocellule. Con il compito specifico di “rintracciare” le vetture in pista e di catturare l’attimo in cui esse passavano per un determinato punto del circuito, questa innovazione (presente ancor oggi) fu forse l’inizio di una nuova era. Le fotocellule, posizionate all’inizio solo sulla linea del traguardo, poi estese, rilevavano il passaggio di un’auto emanando un fascio luminoso, permettendo così di registrare i tempi senza l’intervento diretto di un cronometrista. Un qualcosa che riduceva drasticamente il rischio di errori umani e aumentava la precisione complessiva.

In seguito all’introduzione delle fotocellule, negli anni ’70 i sistemi di precisione tecnologici furono notevolmente implementati. Ovviamente nell’arco di questi decenni furono fatte tante altre piccole e ulteriori modifiche, indispensabili per affinare le tecniche di calcolo. Una F1 a braccetto con l’innovazione e in rapida evoluzione vide quindi, negli anni ’70, l’introduzione dei primi timer elettronici e soprattutto delle leggendarie primissime telemetrie a disposizione delle varie scuderie al muretto. E’ così tempo di cambiare: out quindi definitivamente i cronometri meccanici, dentro i timer elettronici.

Storia degli orologi in F1: qui il calcolo millesimale di alcune vetture sul traguardo negli anni ’80

Ad accompagnare questo processo di avanzamento tecnologico, negli anni ’80, lo sviluppo dei primi dati informatici andarono ad irrobustire ulteriormente le telemetrie. A differenza degli anni precedenti, quando i dati venivano analizzati a posteriori, dopo le gare o le qualifiche, nei primi anni ’80 i radar cominciarono a trasmettere i dati live dalla vettura alla squadra. Un’evoluzione netta che vide in questo decennio fiorire concetti presenti tuttora: la temperatura del motore, la pressione dell’olio, il consumo di carburante, la velocità e le forze G, cominciarono ad essere rilevati in tempo reale dal muretto e dagli ingegneri, capaci persino di comunicare eventuali modifiche al pilota, come ridurre la velocità o variare il consumo di carburante. Un processo oramai davvero irreversibile.

Gli orologi della F1 di oggi: TAG Heuer e Rolex

Dire che tutto questo continuo sviluppo informatico e tecnologico sia stato rapido è certamente riduttivo. Ma come gli anni ’80 hanno davvero avvicinato la F1 al mondo di oggi, era forse impensabile anche per i protagonisti dell’epoca. Nei decenni successivi, F1 lo sappiamo evolverà ancora, arrivando a dati davvero infallibili come quelli odierni: l’introduzione di GPS, Big Data, le probabilità e le stime meteorologiche e di azione in pista di AWS, hanno trasformato ulteriormente il circus e il calcolo del giro in F1.

Storia degli orologi in F1: Ayrton Senna e TAG Heuer, una storia indimenticabile

Molte volte però dimentichiamo i veri protagonisti di questa evoluzione, unici onnipresenti dal giorno 0 a oggi: gli orologi. Una storia pressappoco secolare, caratterizzata dall’enorme lavoro dietro le quinte di ingegneri, addetti ai lavori e operai, pronti a regalarci la F1 fantastica (e infallibile) di oggi. Jack Heuer, fondatore del brand TAG Heuer (orologio ufficiale di F1 e sponsor decennale di Red Bull e Porsche in Formula E), entrò nel 1962 nel circus, intravedendo la possibilità di diventare un colosso di quel mondo. E diventandone in effetti, tanto da essere sul polso di Ayrton Senna, Rindt, Andretti e oggi di Max Verstappen e Sergio Perez.

Storia degli orologi in F1: TAG Heuer è uno dei brand più importanti di F1, nonché sponsor ufficiale di Red Bull

E poi c’è Rolex: fortemente richiesto dal grande Bernie Ecclestone, il marchio ha ricoperto un ruolo non solo come sponsor, ma anche come cronometrista ufficiale. La sua collaborazione con la Formula 1 risale al 2013, quando Rolex divenne il partner ufficiale di cronometraggio della serie, consolidando una relazione che esprimeva perfettamente i valori comuni di precisione, (ma soprattutto) eleganza e prestigio.

Rolex, inoltre, ha anche una lunga tradizione di supporto a leggende della Formula 1. Il marchio ha sponsorizzato e celebrato molti dei grandi campioni che hanno segnato la storia della F1. Un esempio di ciò è il supporto a Sir Jackie Stewart, che divenne un ambasciatore del marchio, e una partnership con il marchio più iconico del nostro sport, Ferrari, durata per molti anni. Malgrado l’arrivo in F1 anche di Richard Mille e Hublot, anch’essi colossi assoluti e presenti su McLaren e la stessa Ferrari tra le altre, Rolex è diventato da anni il partner orologiero ufficiale di GP iconici, come il GP di Monaco e il Gran Premio di Silverstone. Una storia fantastica, protrattasi nel tempo, e…calcolata al secondo.

Foto: TAG Heuer, Finishlynx.it, F1Web.IT, Archivio LUCE Cinecittà

Potrebbe anche piacerti

Contatti

Scarica l'app

©2024 – Designed and Developed by GPKingdom

Feature Posts